Riti e paganesimo nella Pizzica salentina, l’irresistibile danza che viene dal rimorso

Gli amanti dello splendido Salento e delle vacanze in Puglia conoscono bene il fascino della pizzica, una delle danze popolari più entusiasmanti e rappresentative delle tradizioni nel Sud Italia.
Ogni anno, dal 5 al 23 agosto, gli appassionati del genere la celebrano partecipando a una serie di concerti da Corigliano d’Otranto a Melpignano, interpretati dall’ensemble itinerante La Notte della Taranta.
Quest’ultimo contribuisce, insieme a numerosi esponenti della musica pop e moderna (fra questi Max Gazzè, Caparezza, ma anche il grande fisarmonicista Richard Galliano), a uno dei Festival internazionali più famosi d’Europa.
La straordinaria divulgazione della pizzica dagli ambienti contadini dell’Italia meridionale è avvenuta nonostante si tratti di un ballo particolarmente complesso, sia per quanto riguarda le modalità di esecuzione dei suoi passi sia per la storia, quanto meno accattivante, che la caratterizza.
È importante sottolineare infatti che esistono diverse tipologie di pizziche, ognuna delle quali è nata con un preciso scopo e con dei dettagli particolari: abbiamo la pizzica tarantata, la pizzica pizzica e la pizzica a scherma (queste ultime due sono veri e propri balli di coppia).
Insomma, le origini testimoniano uno spaccato culturale articolato e molto rappresentativo del Meridione, in primis dei suoi usi e costumi.

 

Nel video: un’esibizione durante la Notte della Taranta dell’anno scorso.

 

A tal riguardo probabilmente non tutti sanno che, oltre alla celebrazione delle occasioni festive, la principale finalità della pizzica era musicoterapeutica, in quanto necessaria alla cura delle manifestazioni isteriche – note con il termine cumulativo di tarantismo frequenti soprattutto fra le donne contadine.
Tramite il rito etnocoreutico proposto, consistente in una danza frenetica e ossessiva nella ripetitività dei movimenti, si induceva la vittima del (presunto) morso della tarantola – tradizionalmente il ragno Lycosa tarentula, cui si attribuivano i sintomi dei malati – a liberarsi dallo stato di malessere.
Non è un caso allora che il ritmo caratteristico di questo tipo di pizzica – eseguita di solito da strumenti come il violino, la fisarmonica e l’insostituibile tamburello – sia più rapido di quello presente in altre tarantelle, nonché armonicamente distinto da tonalità minori finalizzate a coinvolgere nel profondo i ballerini coinvolti, curandone innanzitutto l’anima attraverso una vera e propria terapia musicale.
Lo studio di questo rito fu realizzato per la prima volta dal più illustre antropologo ed etnologo italiano: Ernesto De Martino. Egli si servì di un’équipe formata da uno psichiatra, uno psicologo, un musicologo e un sociologo per realizzare la prima ricerca etnografica sul tarantismo, cercando di capire innanzitutto se quest’ultimo fosse una patologia medica specifica.
De Martino raccolse interviste a donne e uomini morsi dalla “taranta” o che avevano avuto un congiunto a sua volta colpito, oltre ad assistere in prima persona al delirio dei tarantati.
Dalla successiva analisi dei dati e dal confronto fra le diverse esperienze emersero alcuni aspetti comuni: il periodo della vita corrispondente all’adolescenza e l’ora del giorno (di solito le dodici). Inoltre, alla fine dell’esorcismo realizzato dalla pizzica, molti testimoniavano di aver avuto una visione mistica di San Paolo, che avrebbe annunciato ai posseduti l’imminente guarigione.
Tale vissuto risultò essere chiaramente un fenomeno al limite della coscienza e della percezione razionali, analogo ai riti di iniziazione tuttora praticati in molti paesi del mondo.
È indubbio poi che fra le motivazioni inconsce riscontrabili soprattutto nelle esponenti dell’universo femminile – spesso oggetto di continue e violente discriminazioni sociali nell’Italia meridionale – ci fosse anche la volontà di allontanare le ansie dovute a un’esistenza segnata dalla povertà e dall’emarginazione. Basti pensare che le crisi d’isteria del tarantismo – e la conseguente pizzica curativa – ormai sono del tutto scomparse.
Eppure, quando De Martino realizzò questo poderoso studio – non a caso intitolato “La Terra del rimorso” – l’idea espressa era quella dell’inguaribilità del Sud, condannato a sprofondare nei propri rimpianti e nel cattivo passato della questione meridionale, in cui si mescolano miseria, precarietà e discriminazione.
Oggi un immaginario così oscuro sembra essere lontano anni luce dalle gioiose esibizioni di pizzica odierne, ma forse il segreto del loro successo sempre attuale risiede proprio nelle origini, dunque nell’eco della potenza estatica e terapeutica della musica e della danza.

 

Tag: Pizzica, Notte della Taranta, musica popolare, danze, Italia meridionale, musicoterapia, tarantismo, riti di iniziazione.

 

Giulia Dettori Monna

 

 

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