Riforma della giustizia: il referendum lanciato da Radicali e Lega e cosa dicono i sei quesiti

Sei domande per arrivare a una riforma della giustizia in Italia. Questo è in sintesi il contenuto del referendum che ha avuto una buona accoglienza, pur con qualche riserva, da entrambi gli schieramenti politici. I punti riguardano l’elezione del Csm, la diretta responsabilità e l’equa valutazione dei magistrati, la separazione delle carriere, i limiti alla custodia cautelare e l’abolizione la legge Severino.

Matteo Salvini, fonte: Adnkronos

Salvini stesso ha definito la raccolta di firme per promuovere il referendum “Un grandioso segnale di cambiamento e voglia di giustizia”. Firme che, ha proseguito, “Provano a fare tramite iniziativa popolare, ciò che non è riuscito a fare il parlamento in 30 anni”.

Già all’inizio di questa adesione l’Anm (Associazione nazionale magistrati) reagì tramite il suo presidente Giuseppe Santalucia: “Fa intendere (il referendum, ndr) la volontà di chiamare il popolo ad una valutazione di gradimento della magistratura, quasi a voler formalizzare e cristallizzare i risultati dei vari sondaggi di opinione che danno in discesa l’apprezzamento della magistratura”. Fu Salvini a cercare di rassicurarlo, ribadendo come “Non è un referendum contro i magistrati ma con la magistratura e con la parte sana della giustizia”.

Più in dettaglio, sono queste le proposte dei quesiti:

1-Togliere il vincolo delle firme per la candidatura al Csm

Attualmente se un magistrato intende candidarsi per il Csm (Consiglio superiore della magistratura) deve raccogliere dalle 25 alle 50 firme, e per farlo deve aderire a una corrente interna. Il primo quesito del referendum intende quindi abolire questo obbligo di firme, permettendo così ai magistrati di candidarsi al Csm senza dover rischiare condizionamenti da parte delle correnti.

2-Responsabilità civile dei magistrati

Attualmente, un cittadino danneggiato dalla decisione di un giudice può solo rivolgersi allo Stato, che a sua volta potrà rivalersi verso il giudice, ma solo in parte e con tempi molto lunghi. Secondo i promotori, al “Grande potere di cui gode la Magistratura in Italia non corrisponde un adeguato obbligo per i propri membri di rendere conto delle eventuali decisioni sbagliate assunte” e l’obiettivo del secondo quesito è quindi quello di “Ridurre la specialità della disciplina della responsabilità dei magistrati, permettendo al cittadino leso nei propri diritti dalla condotta del magistrato di poterlo chiamare in giudizio direttamente” senza quindi dover aspettare che sia lo Stato a fare da intermediario.

3-L’equa valutazione dei magistrati, ovvero coinvolgere anche la componente senza toga

Nell’attuale situazione, quando si tratta di discutere il ruolo e lo status di un magistrato, dalle votazioni e dalle discussioni sono completamente escluse le componenti non togate, ovvero professori universitari e avvocati. Se il quesito passerà il referendum, si rafforzerà la posizione dei non togati nei consigli giudiziari, permettendo loro di esprimersi nelle valutazioni del ruolo dei magistrati.

4-Separazione delle carriere tra giudici e Pm

Il quesito più articolato e lungo. Ad oggi, nel corso della carriera, i magistrati possono cambiare di ruolo tra la funzione requirente (Pubblico ministero) a quella giudicante (giudice) e viceversa. Secondo i promotori questa “Contiguità tra il pubblico ministero e il giudice rischia di creare uno spirito corporativo» e di «compromettere un sano e fisiologico antagonismo tra poteri, vero presidio di efficienza e di equilibrio del sistema democratico”. Con la vittoria del referendum il magistrato che a inizio carriera scegliesse una delle due funzioni non potrà più passare all’altra.

5-Limiti all’utilizzo del carcere preventivo.

La custodia cautelare, ovvero la detenzione prima di un’eventuale condanna, è utile per evitare tre cose da parte dell’indagato: il pericolo di fuga, l’inquinamento delle prove e la reiterazione del reato, ma secondo i promotori col tempo si è trasformata “Da misura con funzione prettamente cautelare a vera e propria forma anticipatoria della pena, con evidente violazione del principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza”.
In particolare il quinto quesito propone che venga abrogata quella parte dell’articolo 274 del Codice di rito che prevede l’applicazione della custodia cautelare in carcere in caso di pericolo di reiterazione del reato.
Con il passaggio del referendum la custodia cautelare diventerebbe invece applicabile solo in caso di reati gravi.

6- Abrogazione della legge Severino

La legge Severino (dal nome dell’allora Ministro della giustizia) del 2012 prevede che in caso di condanna per alcuni reati venga applicata in automatico l’impossibilità di candidarsi per alcune figure, tra cui amministratore locale, sindaco, parlamentare, governatore e consigliere regionale. Secondo i promotori questa sarebbe una misura “Sproporzionata rispetto allo spirito della norma, ragion per cui si chiede di abolire l’automatismo per quanto riguarda i termini di incandidabilità, ineleggibilità e decadenza”. In caso di vincita del referendum, spetterebbe quindi ai giudici valutare caso per caso e decidere quando applicare la sanzione accessoria dell’incandidabilità. Ma, come confermato anche da molti esperti della Costituzione italiana, la legge Severino accoglie disposizioni anticorruzione a livello sovranazionale e, nel caso in cui il quesito passasse, ci potrebbero essere problemi di legittimità.

Paola Severino

I due ultimi quesiti sono i più controversi persino tra i favorevoli al referendum, al punto che Giorgia Meloni, che ha aderito alla raccolta delle firme, ha dichiarato che “È necessario iniziare un processo di riforma radicale della magistratura dopo le inquietanti vicende del caso Palamara. Bisogna riformare la magistratura per scardinare il sistema delle correnti che ne ha fatalmente compromesso l’immagine. Faranno eccezione, nei nostri gazebo, due quesiti per i quali non ci uniremo alla raccolta firme: quello sulle misure cautelari e quello sulla legge Severino, figli più della legittima cultura radicale che quella della destra nazionale“.

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